Un virus (DAD) ha contaminato la scuola: effetti e conseguenze

di Vittorio Lodolo d’Oria

In quanti hanno osservato gli effetti e le conseguenze che la DAD ha avuto sui docenti? Direi nessuno, a cominciare proprio dalle istituzioni. Dall’oggi al domani la categoria professionale ha dovuto adattarsi a una vera e propria emergenza/rivoluzione nel modo di lavorare/insegnare/educare i giovani a questa affidati. Senza dare nulla per scontato, cominciamo col domandarci se la più vecchia classe docente d’Europa aveva dimestichezza con hardware e relativi software. Per decreto (pasticciato) le è stato imposto di operare attraverso la DAD dall’oggi al domani. Tra Id, password, account, giga, connettività e ulteriori diavolerie i docenti sono stati proiettati in un mondo dove per la maggior parte il linguaggio utilizzato è ostrogoto, o aramaico se si è ottimisti. La reazione stereotipata al cambiamento è spesso costituita da occhi rossi per il telelavoro, depressione, accessi di nausea, crisi di panico, senso di smarrimento, svilimento e tanta voglia di fuga. La sintomatologia è in realtà più ricca e spazia dall’ansia all’irritabilità, dalla frustrazione, al senso d’impotenza per esitare talvolta nelle nevrosi.

Per comprendere meglio il fenomeno è bene tornare al punto di partenza: chi è l’insegnante per l’Opinione Pubblica? Certamente colui/colei (donna nell’83% dell’intero corpo docente) che “lavora mezza giornata, pur percependo uno stipendio intero e sicuro, e che fruisce di tre mesi di vacanza all’anno”. Ora poi – grazie alla DAD – “non deve nemmeno fare la fatica di recarsi a lavoro ma può insegnare comodamente da casa”. Se questo è ciò che si pensa della realtà scolastica, giocoforza la stessa continuerà a rimanere il cestino dei rifiuti dove “gettare” quelle materie e attività che non si sanno mettere altrove, come educazione civica, educazione all’affettività,  patentino del motorino e via discorrendo. La scuola rappresenta la soluzione a costo zero e mai il problema, salvo poi renderti conto che le malattie professionali che determinano l’inidoneità all’insegnamento sono psichiatriche all’80% e nei Paesi UE (Francia e Germania) fanno registrare il più alto tasso suicidario tra tutte le categorie professionali. I tempi facili delle baby-pensioni sono finiti nel 1992 ma nessuno sembra essersene accorto, né sembra aver studiato le conseguenze delle riforme previdenziali “al buio”, cioè senza aver valutato le condizioni di salute né le malattie professionali degli insegnanti.

La DAD è un cambiamento non voluto, bensì subito senza uno straccio di formazione e, di conseguenza, non metabolizzato. L’insegnante viene messo in vetrina, esposto anche agli occhi dei genitori (coloro che sono infarciti di stereotipi sugli insegnanti) e costretto a rivisitare le lezioni preparando nuove diapositive, raddoppiando il proprio tempo da dedicare nella preparazione delle lezioni. Per i docenti, inoltre, i feedback dell’utenza non sono più diretti ma mediati da inespressivi monitor che filtrano le reazioni distorcendone la realtà. Cosa che renderà oltremodo ostico il processo di valutazione dello studente. A tutto ciò si somma l’inedita competitività coi colleghi coetanei sull’uso dello strumento informatico, magari proprio in un momento di fine carriera professionale. I docenti più giovani potrebbero proficuamente approfittarne per allacciare rapporti (spesso difficili) con i veterani, ma il divario generazionale, oltre all’emergenza, finisce per complicare piuttosto che agevolare le relazioni.

Oltre alla carenza di hardware per 1.6 milioni di studenti, la connessione stabile rappresenta un altro problema di rilievo per riuscire a raggiungere l’alunno a casa sua. Si consideri poi l’evidente questione riguardante la violazione della privacy, soprattutto se la casa dello studente è piccola e la famiglia è numerosa.

Se poi la DAD presenta le succitate difficoltà, con la disabilità e il sostegno raggiunge picchi inauditi. Il rapporto degli insegnanti di una certa età con le tecnologie è improntato alla massima diffidenza, vuoi per la scarsa conoscenza reciproca tra giovani e veterani, vuoi per la costrizione all’uso del registro elettronico, vuoi per l’uso disinvolto delle telecamere nascoste da parte dell’Autorità Giudiziaria nelle indagini su presunti maltrattamenti a scuola. Diffidare della tecnologia viene pertanto da sé.

Stiamo assistendo a un’implosione della scuola trattata come una Cenerentola, una soluzione a basso costo dalla quale attingere senza mai versare. La prova? Il solo pensiero del ministro di riprendere le lezioni a settembre dividendo le classi per insegnare a una metà di mattina e all’altra il pomeriggio. Pensiero ipotizzato senza porsi minimamente il problema dell’eventuale raddoppio del tempo di lavoro dell’insegnante né – tantomeno – della debita contropartita.

La scuola è messa a dura prova dal Covid-19, ma i suoi mali vengono da lontano e si sono cristallizzati negli stereotipi che assai facilmente insidiano una categoria professionale – lo ripetiamo – quasi esclusivamente femminile. E come se non bastasse, ecco un ministro-donna-insegnante-dirigente che vanifica per decreto tutte le fatiche dei docenti che si sono applicati seriamente con la DAD fin dal primo momento, annunciando la “promozione virale” per l’universo mondo di alunni e studenti.

Ma cos’altro è la DAD per gli insegnanti? Meglio chiederlo a loro e stare alle numerosissime risposte più significative postate sulla mia pagina.

“Il rapporto umano è insostituibile ma deve avvenire senza il genitore sulla spalla come nella DAD”

“La scuola dell’infanzia soffre maggiormente perché nei piccoli prescolarizzati il contatto fisico non può essere sostituito dalla tecnologia”

“La DAD provoca ansia, ipertensione, inadeguatezza, solitudine, insonnia, occhi rossi e mal di schiena per la postura seduta prolungata di fronte al monitor del PC”

“E’ un lavoro H 24 che penetra dentro casa e non ti molla più, con risultati mediocri”

“Se hai più classi, il carico di lavoro si moltiplica a dismisura, esponenzialmente”

“La DAD causa cefalea, precordialgie da stress, nodo alla gola, senso di oppressione, calo della vista”

“Dobbiamo spiegare alle mamme come aiutare i figli senza sostituirsi agli stessi: le famiglie non sono più fuori dall’aula ma sono dentro”

“DAD serve a mantenere i contatti – ma molti ne perdi comunque – ma non certo a insegnare”

“Con la DAD si lavora il doppio per far capire la metà a un quarto della classe”

“Con la DAD il diritto alla disconnessione è una barzelletta: l’invadenza dei genitori e del ds è senza limiti”

“Con la DAD si ottengono risultati esigui a fronte di sforzi immani: le richieste del Ministero Istruzione sono sempre più incalzanti e confuse”

“Ho l’incubo di dover riprendere a settembre tutti i concetti che di sicuro non si sono riusciti a trasmettere con la DAD”

“La DAD ha amplificato l’orario lavorativo senza prevedere alcun corrispettivo”

“… cioè, sto ancora lavorando…”

“I ragazzi con disabilità sono quelli più penalizzati. Non si può fare sostegno a distanza perché occorrono presenza e dialogo”

“Si ha l’impressione di fare un monologo senza un feedback”

“La DAD è scandita dal sottofondo di aspirapolvere, pentole, stoviglie, animali, fratellini e dall’immancabile sciacquone. Ridateci l’aula”

www.facebook.com/vittoriolodolo

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