Matteo Renzi stoppa la ‘Buona scuola’: conferenza a luglio. Poi l’estremo tentativo: cerino alla minoranza Dem – huffingtonpost.it

 Il primo passo del ‘Renzi 1’ è indietro, al massimo di lato. Ma solo in apparenza.

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Stop alla riforma della scuola, annuncia Matteo Renzi a ‘Porta a Porta’: “a luglio faremo una conferenza nazionale tutti insieme, con Cgil, Cisl, Uil, docenti, studenti, famiglie, quelli che sono arrabbiati. Li ascolteremo tutti e poi si decide”. Il ‘Renzi 1’ è l’abito che il premier si è scelto per la “difficile” (parola sua) fase post-voto, dopo le dolorose sconfitte alle regionali e ai ballottaggi delle comunali. Un ritorno alle origini, ha spiegato il presidente del Consiglio a ‘La Stampa’, al ‘Renzi rottamatore’ e decisionista, a scapito del ‘Renzi 2’, il mediatore che perde alle urne. Ora sulla scuola apparentemente il passo è di lato. In realtà, dallo studio di Bruno Vespa, Renzi lancia l’ennesima sfida alla minoranza interna: hanno tre giorni di tempo per ritirare o ridurre i trecento emendamenti presentati sulla Buona scuola in commissione e consentire alla riforma di essere approvata in tempo per assumere i precari a settembre. Il cerino è nelle loro mani: regalino del Renzi 1

Se non lo faranno, la ‘Buona scuola’ verrà rinviata a luglio, dopo la conferenza nazionale che nell’idea del premier dovrebbe riuscire a raccogliere la voce di quella grossa fetta di elettorato Pd scontento della riforma. Renzi lavora a sminare il terreno intorno alla sua Buona scuola. Perché le sue sentinelle in Senato hanno lanciato l’allarme rosso già da ieri: sos, in commissione Cultura si rischia l’incidente. In sostanza, rischia di passare l’emendamento di Sel all’articolo 10 del ddl scuola che chiede lo stralcio delle assunzioni dei precari, in modo da metterle al sicuro per settembre. E rischia di passare per via dei prevedibili voti a favore dei dissidenti Pd Corradino Mineo e Walter Tocci e del senatore a vita Carlo Rubbia, pure dubbioso sulla riforma. Da qui, l’ultimatum del premier, che si allarga a tutti gli altri emendamenti presentati dalla minoranza Pd e che, a dire dei renziani, impantanano la riforma: ritirateli.

In realtà, già da ieri Renzi aveva pensato di stoppare la riforma e ascoltare il segnale della base con una conferenza nazionale a luglio, magari confidando in un atteggiamento più morbido da parte della Cisl. L’ultimatum alla minoranza viene deciso solo in serata, al termine della registrazione di ‘Porta a Porta’, estremo tentativo di buttare la palla nel campo degli anti-renziani del Pd. Della serie: se la Buona scuola si ferma e con essa si bloccano le assunzioni, la colpa è della minoranza. In realtà, in Senato i problemi sono un po’ più estesi del recinto di casa Pd. C’è Ncd in agitazione per la sentenza pendente della giunta delle immunità sulla richiesta di arresto per Antonio Azzollini, presidente della Commissione Bilancio. E poi, come ammette lo stesso premier a Porta a Porta, ci sono “tremila emendamenti” dell’opposizione, per questo “non si riesce ad assumere i 100mila a settembre. Le scelte dell’opposizione hanno come conseguenza che il provvedimento non riuscirà ad entrare in vigore in tempo per settembre”. E brucia il segnale arrivato da larga parte della base Pd, scesa in sciopero con i sindacati contro la riforma della scuola, attiva nel blocco degli scrutini, pronta a tornare in piazza.

Insomma, il dato sembra tratto, la riforma destinata a slittare, come testimonia la batteria mediatica renziana che parte sulle agenzie di stampa subito dopo lo stop annunciato dal premier. “Se il ddl ha raccolto tante ostilità, molte ingiustificate, è una buona idea quella di rifare il punto con una conferenza nazionale aperta a tutti e non ristretta a qualche vertice di Palazzo – scandisce il senatore renziano Andrea Marcucci – A luglio il testo dell’esecutivo sarà nelle condizioni di ripartire, magari con qualche consenso in più e qualche emendamento in meno”. Ora il Senato dovrebbe affrontare la riforma della Rai, sempre che la scuola non si sblocchi. Ma lì, nei circoli renziani, c’è chi prevede che la ‘Buona scuola’ possa slittare addirittura a settembre: a luglio Palazzo Madama dovrebbe fare un’altra lettura delle riforme costituzionali, remember?

Si vedrà. Per ora il Renzi 1 alla riscossa batte dove il dente duole e dove il colpo è più facile, in un certo senso già sperimentato. Vale a dire: il dissenso interno nel Pd, preso di mira dal premier già all’indomani delle regionali di fine maggio, quando Renzi ha reagito annunciando l’adozione di un severo codice di comportamento interno ai gruppi parlamentari per indurre tutti al rispetto delle decisioni prese a maggioranza. “Le tensioni danneggiano il Pd nell’elettorato”, è la sua analisi. Allo stesso tempo però stasera non poteva assumersi tutta la responsabilità del rinvio delle assunzioni al 2016. Anche perché risulta debole la spiegazione che arriva dal ministero: con lo stralcio delle assunzioni, si sarebbero assunti professori senza l’organico funzionale previsto dalla riforma, in sostanza senza sapere a quale compito educativo sarebbero stati indirizzati. Non avrebbe retto e dunque via con l’ultimatum alla minoranza.

Ma il Renzi 1, che si presenta con la novità di premere per le dimissioni di Ignazio Marino per il ‘mal governo’ in una Roma sconvolta da Mafia capitale, vuole colpire ancora. Sul partito, tanto che in Parlamento torna a girare la voce di sostituzioni al vertice del Pd: via il vicesegretario Lorenzo Guerini, ma su questo ancora non c’è una decisione presa. E poi il sogno di rimpasto di governo, sempre vivo nel cassetto, pronto per essere tirato fuori (via anche la Giannini? Anche questa è una voce che torna a girare). E ancora le primarie: cambiare la classe dirigente Dem a livello locale in modo che sia possibile fare a meno delle primarie per la scelta dei candidati con una semplice deroga in assemblea territoriale (come già prevede lo statuto del Pd). Renzi 1 scavalca Renzi 2. Sarà una trovata mediatica, ma su twitter funziona ed è subito hashtag e sfottò. “Renzi 1 e Renzi 2: a me ne bastava uno solo”, scherza in Transatlantico Matteo Orfini, il presidente Dem e commissario del Pd Roma che sembra sorpreso dall’avviso di sfratto di Renzi per Marino. Scherza?